Ancora una volta, la comunità di Capanne si è stretta attorno ai genitori di Matteo Gronchi e di Marco Bianco in occasione della Messa celebrata in loro suffragio il 7 gennaio. In quello stesso giorno, seppure in anni molto distanti, i due ragazzi, entrambi sedicenni, hanno perso la vita in modo tragico.
Un flash-back mi riporta indietro nel tempo, all’evento più recente:
E’ la sera del 6 gennaio di due anni fa: un cellulare che chiamato ripetutamente non risponde, non dà segni di vita, una telefonata fatta da un’amica e il triste presagio che qualcosa di grave sia successo a Matteo, l’amico di “sempre” di mio figlio, si fa strada in me.
La corsa dietro l’ambulanza, l’attesa del responso dei medici, le preghiere degli amici nella cappella dell’ospedale ed infine la crudele certezza che egli ci ha lasciati.
Dolori così grandi, anche in coloro che seguono un cammino di fede, generano smarrimento, fanno vacillare le certezze, lasciano spazio a dubbi, a interrogativi.
Perché succedono queste cose? Ma Dio dov’era? Perchè le permette? Perchè la sofferenza? Perché la morte? Qual è il senso della vita?
Domande che si sono posti filosofi e uomini di Dio, di non semplice risposta, lo so benissimo.
Don Tonino Bello rifletteva così:
“Quando io sento dire che la croce, manifestazione suprema dell’ amore di Dio, è una crudeltà che ha inventato il Signore… quando sento dire che non deve il Signore far soffrire coloro che per amore ha creato… quando sento dire qualche volta che il Signore è duro con noi… io mi sento male, perché non è così. Il Calvario è lo scrigno nel quale si concentra tutto l’amore di Dio.
La croce è la manifestazione, è l’epifania più alta dell’ amore di Dio per noi. Ha mandato Suo Figlio sulla croce perché ci togliesse tutti i nostri peccati, ci redimesse, ci rendesse puri.
Anche noi, sulla nostra croce rendiamo più pura l’umanità e più buono il mondo. Ecco perché noi dovremmo prendere coscienza dei valori di cui siamo portatori. La mulattiera del Calvario, cioè la strada che porta da Gerusalemme al Calvario è lunga, però finiremo di percorrerla. Non durerà per sempre. E sperimenteremo, come Cristo, l’agonia del patibolo, ma «per tre ore», non per molto. Perchè poi c’è la Risurrezione.”
Il Cardinale Carlo Maria Martini, in una sua lettera pastorale, afferma:
“…Dio sta dalla nostra parte e partecipa al dolore per tutto questo male che devasta la terra.
Egli non se ne sta come uno spettatore disinteressato o un giudice freddo e lontano, ma “soffre” per noi e con noi, per le nostre solitudini incapaci di amare, perché Lui ci ama. La “sofferenza” divina non è incompatibile con le perfezioni divine: è la sofferenza dell’amore che si fa carico, la “com-passione” attiva e libera, frutto di gratuità senza limiti. Un Dio tenero come un Padre e una Madre, che non rinnega mai i suoi figli. Un Dio umile, che manifesta la Sua onnipotenza e la Sua libertà proprio nella Sua apparente debolezza di fronte al male. Un Dio che per amore accetta di subire il peso del nostro peccato e del dolore che esso introduce nel mondo. Proprio così, però, nella morte di Gesù sulla croce, Dio ci insegna a trarre il bene dal male, la vita dalla morte.
Per sciogliere l’apparente assurdità della vita non c’è allora che una via possibile: rimettermi continuamente di fronte ad essa, senza sfuggirvi, e arrendermi contemporaneamente senza riserve nelle mani del Dio umile e sofferente, del “Dio crocifisso”. Solo abbandonandomi perdutamente a Lui, solo capitolando nelle Sue mani potrò riprendere nelle mie il bandolo della matassa intricata della vita. Dio è il Mistero santo, Gesù Cristo in croce è la Custodia silenziosa, in cui riposa il senso della vita e della storia, il senso del mondo.”
I genitori dei due ragazzi non si sono chiusi in loro stessi, ma hanno affrontato il loro grande dolore con la forza della fede.
Ed hanno davvero saputo trarre il bene dal male i genitori di Matteo, che dopo avere fatto costruire un pozzo d’acqua in Burkina Faso in sua memoria, stanno raccogliendo fondi per costruirvi una scuola che dia la possibilità a tanti bambini di dedicarsi allo studio, attività in cui Matteo riusciva pienamente ad estrinsecarsi.